Parroco Don Osvaldo Belli - osvaldobellitiscali.it

Di ritorno da Lourdes: impressioni di due giovani barellieri

Qualcuno al ritorno da un viaggio ama chiedere ai propri compagni di ventura con quale aggettivo descriverebbero a caldo l’esperienza che volge ormai al termine; se ponessero questa domanda a noi che siamo quasi appena ritornati dal pellegrinaggio di Lourdes probabilmente nessuno riuscirebbe a trovarne uno adatto. Ciò che rende infatti Lourdes speciale sono le infinite dimensioni che lo caratterizzano, un viaggio che si intraprende spesso da soli ma nel quale si conoscono via via molti compagni, un’esperienza di spiritualità ma anche di servizio concreto, un luogo dove si osserva da vicino la sofferenza di molti ma che regala soprattutto molta serenità e gioia.
Recarsi a Lourdes significa innanzitutto andare come pellegrini alla grotta di Massabielle, dove la Vergine apparve per diciotto volte a Bernardette nel 1858. Ciascuno è mosso da intenzioni e spirito differente: come ci ricordava infatti il tema pastorale proposto quest’anno, Beati i poveri, le forme di povertà che ci possono spingere a Lourdes sono molteplici: sofferenze fisiche, morali, difficoltà nel lavoro, in famiglia, preoccupazione per una scelta da prendere, non meno importante però anche il desiderio di ringraziamento dopo essere riusciti a superare una situazione che sembrava sopraffarci o in generale per qualsiasi cosa bella che non ci aspettavamo. Il pellegrinaggio a Lourdes non è un’esperienza individuale, ma comunitaria, condivisa con molti dei circa duecento pellegrini che anche quest’anno sono partiti dalla nostra diocesi; erano presenti anche numerosi sacerdoti, tra i quali il nostro parroco Don Osvaldo. La dimensione comunitaria è sottolineata dalle diverse celebrazioni alle quali si ha la possibilità di partecipare in questi pochi giorni. Certamente una delle più suggestive è la processione serale aux flambeaux che, iniziata al crepuscolo, termina quando la notte è calata sui Pirenei e le migliaia di pellegrini creano una marea di luce nel grande spazio dell’Esplanade; altrettanto significativa la Santa Messa Internazionale, nella quale si annulla ogni distanza geografica in una celebrazione cui prendono parti pellegrini da qualsiasi Nazione. Altre esperienze ci ricordano invece il ruolo centrale dell’ammalato a Lourdes, dove chi vive delle sofferenze fisiche può trovare conforto se non nel corpo certamente nello spirito, uscendo dalla solitudine di cui spesso è prigioniero durante il resto dell’anno; ad essi sono quindi specificatamente dedicati momenti quali l’unzione degli infermi, il bagno alle piscine, ma in generale qualunque celebrazione nella quale ad essi spetta il posto più vicino all’altare.
Per noi giovani poi quest’anno il pellegrinaggio a Lourdes ha riservato una bella novità; la Pastorale Giovanile diocesana infatti per la prima volta ha pensato di proporci un percorso parallelo e complementare a quello degli adulti. Il primo obbiettivo è stato quello di fare gruppo; laddove negli anni scorsi i giovani erano affiancati ai volontari adulti e non avevano quasi il tempo di conoscersi, in questi sei giorni invece abbiamo avuto la possibilità di trascorrere molto tempo insieme, trovando molta sintonia nonostante la eterogeneità di età – dai 15 ai 31 anni, di provenienza – dalle nostre valli fino alla provincia di Padova, di esperienze di studio e di lavoro. In secondo luogo, all’inizio e al termine della giornata ci sono stati proposti dei momenti di preghiera che volevano anche essere spunti di riflessione circa le scelte, le difficoltà e le cose positive che caratterizzano la nostra età, spunti che fossero aderenti poi alle cose “concrete” che si vivevano nel resto della giornata. Non ultime abbiamo avuto la possibilità di vivere delle esperienze di crescita umana e spirituale; tutti noi siamo rimasti molto colpiti dalla visita alla Comunità Cenacolo, in cui uno dei suoi ospiti, Tommaso, ci ha raccontato con franchezza la sua storia e in particolare come la dipendenza dalle sostanze stupefacenti lo avesse completamente alienato dagli amici, dalla sua famiglia e soprattutto da se stesso e come dopo aver toccato il fondo fosse stato accolto in una di queste comunità, sparse ormai in tutto il mondo, che gli ha permesso lentamente attraverso gli strumenti del lavoro, della preghiera e della verità di riacquistare fiducia nella vita. Interessante è stata anche la visita alle suore del Carmelo, monastero che sovrasta l’intero complesso del santuario di Lourdes; qui abbiamo incontrato suor Manuela, una giovane religiosa originaria dell’Emilia che ci ha portato anch’essa una breve testimonianza della sua esperienza di vita e di come si sia progressivamente avvicinata a quest’ordine religioso.
Nei giorni del pellegrinaggio tutti noi ci siamo resi conto che questo viaggio, intrapreso magari da alcuni per l’insistenza di amici e parenti, abbia arricchito molto la nostra vita e così la valigia del ritorno si è rivelata molto più pesante rispetto all’andata. Siamo ripartiti più ricchi di gioia per la condivisione allegra di molto tempo, nel quale siamo cresciuti e abbiamo costruito insieme qualcosa di buono. Siamo ripartiti più ricchi di entusiasmo per aver prestato il nostro aiuto concreto a malati e anziani che non avrebbero potuto recarsi con le loro gambe alla grotta ma che ci hanno insegnato a guardare oltre i limiti fisici. Siamo ripartiti anche con l’impegno di non vivere lo spirito di Lourdes solo in questi pochi giorni di pellegrinaggio ma a portare invece nella vita di tutti i giorni, nello studio e nel lavoro, la stessa attenzione per i piccoli bisogni degli altri. Il dovere che abbiamo ora è quindi quello di far sì che questa proposta raggiunga quanti più giovani, vincendo i possibili pregiudizi, invito che si estende poi naturalmente anche agli adulti delle nostre comunità.